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Scheda Testudo Hermanni

CLASSIFICAZIONE

La Testudo hermanni deve il suo nome al naturalista francese Jean Hermann ( 1738-1800); è l’unica specie autoctona che abita l’Italia. In questi animali vista e olfatto sono ben sviluppati: sanno distinguere forme, colori, tanto che riconoscono anche le persone. Il loro senso dell’orientamento è molto preciso e sono abbastanza metodiche nell’abitare il proprio territorio.

AREALE D’ORIGINE ED HABITAT

Questa testuggine è presente nella parte centrale e meridionale dell’Italia e nelle isole, nonché in alcune zone della Francia meridionale toccando anche diverse aree della Spagna orientale. L’habitat tipicamente mediterraneo, è caratterizzato da inverni miti e discretamente piovosi e da estati aride e molto calde, con temperature abbastanza elevate. Si addentra nella bassa vegetazione della macchia, costituita da cespugli, arbusti e sottobosco, con spazi dedicati a distese di erbe di campo.

DESCRIZIONE

Rapporti fra le 2 sottospecie T. hermanni hermanni e T. hermanni boettgeri:
Queste due razze geografiche comprendono, rispettivamente, le popolazioni ad Occidente e ad Oriente del Mare Adriatico. Le popolazioni italiane appartengono quindi alla sottospecie Testudo hermanni hermanni, che differisce dalla simile Testudo hermanni boettgeri per taluni caratteri morfologici, dei quali ci occuperemo più avanti in modo dettagliato, e per le dimensioni generalmente più contenute. La sottospecie boettgeri occupa un vasto areale che, partendo dall’Istria, si estende lungo tutte le coste orientali dell’Adriatico per allargarsi nella penisola greca fino alla Romania e Bulgaria. La supposizione circa la presunta autoctonicità di questa sottospecie nel Friuli, nel Veneto ed in Emilia Romagna è stata più volte avanzata a giustificazione dei frequenti rinvenimenti, per esempio nelle zone attorno al Delta del Po, ma non sembra aver ottenuto conferme definitive.
Sappiamo inoltre che numerosi esemplari provenienti dall’ex Jugoslavia sono stati importati e liberati negli anni passati nel Centro-Nord Italia, circostanza che renderebbe particolarmente difficili eventuali studi che intendessero provare quanto sopra ipotizzato sulla base della comparazione di individui nelle zone di ritrovamento e tendenti a ricercare un’eventuale uniformità morfologica.
Attualmente entrambe le sottospecie sono diffusamente allevate e riprodotte con successo in cattività, per quanto quella orientale abbia dimostrato una maggiore resistenza ai climi rigidi del Nord Italia, resistenza probabilmente dovuta al fatto che si tratta per la maggior parte di esemplari provenienti da zone a latitudini più elevate (per esempio, dall’Istria o dalla Croazia).
I caratteri che distinguono le due sottospecie di T. hermanni, pur di facile individuazione, mostrano tuttavia una variabilità tale da rendere in alcuni casi ardua la sicura classificazione di esemplari di provenienza sconosciuta. Per quanto alcuni studiosi si siano dati parecchio da fare analizzando un gran numero di soggetti appartenenti a ciascuna delle due sottospecie (vedi gli “indici di Stemmler”, proposti nel 1968), appare complessivamente difficile stabilire parametri esatti che possano distinguerle, questo in parte a causa della presenza accertata di esemplari portatori di caratteri intermedi, anche non necessariamente ibridi.

La livrea di Testudo hermanni boettgeri si è rivelata particolarmente variabile, specie nella colorazione del carapace, e si sono osservate anche forme con una pressoché totale assenza di pigmento nero. Al contrario la “cugina” occidentale sembra più costante nelle caratteristiche, soprattutto nella colorazione. Per questi motivi non è da escludere che future ricerche possano portare al riconoscimento di talune di queste forme locali di T.h.boettgeri come nuove sottospecie o razze geografiche, e quindi alla suddivisione di questo taxon, ipotesi sempre comunque subordinata all’individuazione di uniformità morfologiche nelle popolazioni selvatiche considerate e alla presenza di fattori ecologici e geografici che possano chiarire la natura e il grado di un eventuale isolamento riproduttivo.

Testudo hermanni hermanni presenta un piastrone con un’estesa copertura di colore nero, tale da formare due bande continue ai lati dello stesso, a differenza di T.h.boettgeri sul cui piastrone è possibile osservare solamente macchie di colore scuro o nero disgiunte fra loro. Si segnala peraltro la presenza di esemplari appartenenti a quest’ultima sottospecie con piastrone completamente nero o con una disposizione del colore simile a quella osservabile nella forma occidentale: alcuni esemplari provenienti dal Peloponneso o dalla Croazia possono per esempio trarre facilmente in inganno date le dimensioni generalmente contenute e la colorazione scura del loro piastrone. Nel caso particolare della Grecia, la variazione morfologica nella pigmentazione del piastrone di T.h.boettgeri segue un cline individuato nel passaggio dagli esemplari di grandi dimensioni e debolmente macchiati di nero tipici del Nord, a quelli di dimensioni più contenute e col piastrone molto scuro del Sud. La distribuzione del pigmento nero in questi ultimi è assai simile a quella tipica della nostra T.h.hermanni, quando non addirittura più estesa, data la frequenza di esemplari melanotici.

Altro parametro utile è il rapporto fra le dimensioni della sutura pettorale e quella femorale del piastrone: si assumono appartenenti alla sottospecie hermanni gli esemplari in cui la sutura pettorale è minore della femorale; il rapporto inverso sarebbe invece tipico della boettgeri. Proprio questo che potrebbe sembrare a prima vista il carattere più “certo”, quasi matematico, si è invece rivelato forse il più controverso. Il problema nasce infatti dall’esistenza di esemplari che presentano un rapporto uguale o vicino a uno: a tal proposito, e a sostegno della già citata difficoltà di fondo a distinguere con certezza le due sottospecie, va rilevata l’esistenza di soggetti di Testudo h.boettgeri verosimilmente “puri” la cui sutura pettorale è di dimensioni uguali (quando non leggermente inferiori) a quella femorale. Anche in questo caso, quindi, ci troviamo di fronte ad un continuum di forme caratterizzate da un’assenza di variazioni discrete (vale a dire di “salti”) che rende certamente ragione di una classificazione inferiore al rango di specie e giustifica le difficoltà che si incontrano nella collocazione tassonomica.

La presenza di una macchietta gialla sotto l’occhio può aiutare a classificare come T.hermanni hermanni un esemplare dubbio, per quanto sia possibile osservare la stessa caratteristica in T.h.boettgeri di giovane età (poi in questa sottospecie tende a sparire).

Le dimensioni della nostra h. hermanni si aggirano intorno ai 14-17 centimetri per le femmine, con punte minime e massime rispettivamente nelle popolazioni pugliesi e sarde (queste ultime possono raggiungere i 19-20 cm in grosse femmine), mentre fra le più grandi h.boettgeri non sono rari casi in cui i 20 cm vengono ampiamente superati (dimensioni massime 28-30 cm osservate in esemplari provenienti dalla Romania e dalla Bulgaria). I maschi sono più piccoli in entrambi i casi.

Va inoltre segnalato che soggetti anomali con scuto sopracaudale unico si rinvengono molto più facilmente nella sottospecie orientale: uno studio condotto da Highfield & Bayley su un campione composto da 438 esemplari di T.h.boettgeri in natura e in cattività, ha rilevato un’incidenza dell’ anomalia attorno al 18%; questo carattere è inoltre trasmissibile nelle generazioni anche in forma recessiva.

L’accoppiamento fra Testudo hermanni hermanni e Testudo hermanni boettgeri, sconsigliato tanto in natura (introduzione di esemplari non autoctoni) quanto in cattività (promiscuità fra esemplari delle due sottospecie) per comprensibili motivi biologici ed ecologici, porta alla nascita di ibridi fertili e dotati di caratteri più o meno intermedi fra i due genitori, ma più frequentemente, sembra, con una dominanza della livrea tipica della prima.

A fronte della citate difficoltà nel discernere morfologicamente le due razze geografiche, va peraltro sottolineato che studi biomolecolari hanno rilevato significative differenze nelle sequenze del loro DNA

DIMORFISMO SESSUALE

Gli esemplari maschi presentano dimensioni inferiori rispetto alle femmine, una coda molto più lunga e grossa e il piastrone concavo, per consentire di montare sopra il carapace della femmina molto più facilmente durante l’accoppiamento; al contrario il piastrone di queste ultime è piatto e la coda molto più piccola e corta.

L’angolo formato dagli scuti anali del piastrone ha un’ampiezza maggiore nei maschi, così come la distanza dell’apertura cloacale dalla base della coda; al contrario l’altezza di questi scuti è maggiore nelle femmine.

Lo scuto sopracaudale è incurvato verso il basso nel maschio, mentre allineato al carapace nelle femmine.

ABITUDINI

In estate, durante le primissime ore del giorno assaporano i caldi raggi solari, permettendo così alla temperatura corporea di raggiungere i gradi necessari per attivare tutte le funzioni metaboliche. Sovente è in questa fase della giornata che si dedicano all’accoppiamento, o nelle ore un po’ più fresche dell’imbrunire.

Durante il corso della giornata si dedicano alla ricerca del cibo e nelle ore più calde, soprattutto durante la piena stagione estiva, cercano freschi ripari tra i cespugli o sotto qualche pianta che offre loro un po’ di ombra.

ALLEVAMENTO

Essendo la Testudo hermanni originaria delle zone mediterranee va allevata all’aperto. E’ assolutamente sconsigliato l’allevamento nei terrari in casa, poiché non si riuscirebbe a garantire in modo perfetto tutta una serie di condizioni che sono necessarie alla salute del nostro animale. Si può ricorrere a questa alternativa in caso di necessità per malattie.

Nel nostro giardino come prima cosa è opportuno limitare l’area dedicata alle nostre tartarughe, con l’allestimento di un recinto molto robusto; il materiale utilizzabile può essere di vario genere: dai mattoni di tufo, da una staccionata o una semplice rete metallica (in quest’ultimo caso è consigliabile rivestirla all’interno con del materiale liscio, per evitare possibili arrampicate e di conseguenza la fuga). La recinzione deve essere interrata almeno 25 cm. e alta circa 30/40 cm. Per ogni esemplare adulto è necessario almeno uno spazio di 4/6 mq., non va sottovalutato che spesso la convivenza tra più esemplari maschi è rischiosa, soprattutto nel periodo dell’accoppiamento, ecco perché il rapporto ideale è di un maschio per 5/6 femmine.

Le nostre testuggini, necessitano inoltre di zone d’ombra necessarie per ripararsi dai raggi solari nelle ore più calde, di acqua fresca e pulita sempre a disposizione, di un rifugio dove poter trascorrere al riparo la notte ed il letargo e naturalmente di erbe di campo per il proprio nutrimento.

Il rifugio può essere in legno o di altro materiale isolante.

Fondamentale è dar alle tartarughe la possibilità di termoregolarsi esponendosi ai raggi solari nei tempi che loro gradiscono.

LETARGO

Con il calare delle temperature e l’avvicinarsi della stagione fredda le Testudo rallentano la loro attività fisica e metabolica iniziando così a prepararsi per il letargo; perdono gradualmente appetito diventando sempre più apatiche e a poco a poco svuotano l’apparato digerente. E’ importante che lo stomaco sia libero perché, i residui di cibo potrebbero fermentare creando gravi conseguenze per l’animale.

Una volta pronte e trovato un punto idoneo dove trascorrere l’inverno le tartarughe cominciano a scavare: può corrispondere alla base di un cespuglio o di qualche tronco, oppure direttamente all’interno dei rifugi preparati.

Il letargo è sempre un periodo delicato, ma se la tartaruga è in ottima salute, ha seguito un’alimentazione corretta e quindi ha le riserve giuste di grasso, non ci sono problemi affinché possa affrontare questo periodo fondamentale e naturale della sua vita. Una volta interrate è consigliabile coprirle ulteriormente con un ampio strato di foglie secche e fieno. In questo periodo il chelone non ha alcuna capacità di difesa ed è inerme agli attacchi di animali e roditori, ecco perché è importante creare dei rifugi ben strutturati, o ricoprire totalmente la nostra recinzione con una rete metallica a maglie molto strette.

La temperatura ideale del letargo si aggira intorno ai 5° gradi; oltre i 10° gradi gli animali tendono a riprendere la loro attività, seppur lenta, mentre ad una soglia inferiore agli zero gradi c’è il rischio di congelamento e morte. Questo periodo non deve superare la durata di 20 settimane complessive. In taluni casi è possibile anche il letargo controllato, ovvero porre la nostra tartaruga in un contenitore di legno o di altro materiale, riempirlo con paglia o torba e posizionarlo in un luogo al chiuso (come garage o cantina), facendo ben attenzione che le temperature non superino i 10°.

Durante i primi tepori primaverili assisteremo al risveglio ed è importante non far mancare l’acqua e provvedere per qualche giorno a bagnetti in pochi centimetri d’acqua tiepida.

Far saltare il letargo è altamente sconsigliabile, in quanto è una fase naturale presente nella vita della nostra tartaruga. Solo in casi estremi in cui l’animale presenta delle patologie si può ricorrere ad un terrario ben allestito e prestare così le cure necessarie tenendola sotto osservazione; in questo habitat si devono creare le temperature adeguate, il corretto tasso di umidità, una giusta aerazione, cercando di riproporre una condizione il più simile a quella esterna.

ACCOPPIAMENTO E RIPRODUZIONE

Al risveglio dal periodo di ibernazione, dopo alcuni giorni di “assestamento”, inizia il noto periodo dell’accoppiamento. Il maschio corteggia la femmina attraverso inseguimenti, morsi e colpi sul carapace.

La monta avviene sul dorso della compagna e la copula per mezzo dell’estroflessione del pene contenuto nella grande coda del maschio. E’ solo durante questo atto che si può sentire un gemito che accompagna tutta la fase dell’accoppiamento. La femmina in taluni casi, ha la capacità di conservare lo sperma anche per tre-quattro anni, in un apposito organo, la spermateca, situato all’interno dell’ovidotto.

Sono animali ovipari quindi soggetti alla deposizione delle uova. Possono verificarsi fino a quattro deposizioni per stagione (solitamente però due), anche con una sola fecondazione.

Il periodo di incubazione oscilla dai due ai tre mesi e sul sesso dei nuovi nascituri, hanno moltissima influenza la temperatura esterna, il tasso di umidità e le condizioni climatiche. Con temperature inferiori ai 31° gradi circa, le probabilità che nascano esemplari maschili sono maggiori; viceversa assisteremo a più nascite di cheloni femmina. Al momento della schiusa, che avviene tra agosto e settembre in tempo per nutrirsi prima dell’arrivo dell’inverno, la baby tartaruga romperà il guscio per mezzo di un tubercolo corneo posto tra le narici e la mascella superiore, denominato “dente dell’uovo”. Dopo pochi giorni questa protuberanza sparirà, così come dopo circa 48 ore verrà assorbito completamente il sacco vitellino.

In taluni casi la schiusa può non avvenire per tempo e così i piccoli affronteranno il periodo di ibernazione direttamente nell’uovo per poi uscire in primavera.

ALIMENTAZIONE

E’ un animale esclusivamente erbivoro. In natura può anche nutrirsi di piccole chioccioline, utili per la somministrazione di calcio o altri piccoli insetti, ma solo a causa di lunghi periodi di aridità in cui la vegetazione è molto più scarsa. In questi casi si regola autonomamente. In cattività è assolutamente da evitare la somministrazione di proteine, attraverso carne o altri alimenti, che come è noto, possono provocare deformazioni al carapace ed altre patologie. La sua alimentazione è composta principalmente da erbe di campo, come ad esempio il tarassaco, la piantaggine, il trifoglio, la malva, etc. E’ consigliabile piantare queste erbe direttamente nel recinto, in modo tale che l’animale possa autoregolarsi. La frutta può essere somministrata, ma deve corrisponde al 10% della sua alimentazione. Assolutamente importante non far mancare mai l’acqua alla nostra tartaruga. In natura è abituata a sorseggiare da piccole pozze.

LEGISLAZIONE

Inserita in CITES Appendice II allegato A.